Data e luogo

lunedì 4 luglio ore 21.15
Scuderie La Gardesana
via Chiusa, 103
Sant'Angelo di Piove di Sacco

 

L’ESTINZIONE DELLA RAZZA UMANA

testo e regia di Emanuele Aldrovandi
con Giusto Cucchiarini, Eleonora Giovanardi, Luca Mammoli, Silvia Valsesia, Riccardo Vicardi
con la partecipazione vocale di Elio De Capitani
scene Francesco Fassone
costumi Costanza Maramotti
luci Luca Serafini
consulenza progetto sonoro GUP Alcaro
maschera Alessandra Faienza
progetto grafico Lucia Catellani
aiuto regia Giorgio Franchi
musiche Riccardo Tesorini
produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale Associazione Teatrale Autori Vivi
in collaborazione con La Corte Ospitale – Centro di Residenza Emilia-Romagna

prima regionale

Quando ho iniziato a lavorare a questo testo, nel gennaio 2020, ero appena diventato padre e mi stavo interrogando sul desiderio assurdo di generare altri esseri umani in un mondo che potrebbe non arrivare al 2050. Volevo scriverne attraverso personaggi che viaggiavano per il mondo, ma poi è arrivato il lockdown, io sono rimasto bloccato in casa e anche i personaggi, in un certo senso, sono finiti lì, nell’androne di un palazzo, durante una pandemia. Non volevo scrivere una cronaca del Covid – e infatti nel testo il virus è un altro – ma ho deciso di nutrirmi di ciò che stavo vivendo, prendendola come una sfida: partire dai litigi “da bar” o “da social network” – che tutti abbiamo dovuto affrontare, subire o alimentare – per raccontare cinque esseri umani nel periodo di passaggio all’età adulta, scavando dentro di loro senza pietà per trovare l’ultima cosa a cui si aggrappano, quando tutto sembra franargli sotto ai piedi.

Come autore ho scritto testi molto diversi fra loro dal punto di vista strutturale, ma accomunati dal tentativo di mettere ogni volta in discussione le parole, i concetti e le idee che ogni essere umano utilizza per definire sé stesso e la propria visione del mondo. Ho cercato di affrontare queste visioni del mondo senza nessun pregiudizio morale, per poi spingerle alle loro più estreme conseguenze, non de-costruendole col tipico approccio post-moderno, ma piuttosto iper-estendendole, fino al punto di rottura, o al paradosso.

In un contesto comunicativo dominato da immagini accattivanti e contenuti brevi che si affastellano l’uno sull’altro per attirare la nostra attenzione, non è certo lo stimolo sensoriale che manca, ma la precisione del pensiero. Costantemente sabotata da algoritmi che ci propongono contenuti sempre più in linea con le nostre posizioni, rafforzando i nostri giudizi e impoverendo la nostra dialettica interiore.

La mia ricerca teatrale si dirige proprio nella direzione opposta: affrontare percorsi profondi in modo diretto, attraverso una serie di snodi semplici che progressivamente ne restituiscano la complessità in modo coinvolgente, con l’obiettivo però di arrivare a mettere in crisi il proprio punto di vista – e quindi quello dello spettatore.